La violenza è un crimine annunciato: non solo contro le donne ma verso tutti gli esseri umani. Noi ci schieriamo in prima linea per dire no ai soprusi, e voi?
Riprendendo la definizione di Marcela Lagarde, intendiamo
«La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine – maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale- che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia».
Gesti sconsiderati e brutali su cui dovremmo interrogarci e riflettere
Quanto sta accadendo nella nostra società, gli episodi di cronaca – innumerevoli e sempre più ricorrenti – di inaudita violenza contro le donne, interpellano qualsiasi professionista dell’animo umano a interrogarsi, riflettere, assistere e comprendere gesti sconsiderati di brutalità domestica, ancora di più se questo professionista appartiene, esso stesso, al genere femminile.
Faccende di genere, questione di cultura sociale, definizione di ruoli: tanti gli elementi che vengono ogni giorno additati quali ragioni fondative del “male”, moventi e significati posticci mai sufficientemente esaustivi, mai abbastanza chiari da poter spiegare in modo puntuale e rigoroso le ragioni sottese a tanto odio.
Uomini “senza confini”, incapaci di contenere le emozioni e canalizzarle correttamente, tollerando la frustrazione e i momenti difficili della vita. Donne “dipendenti” e permissive, incapaci di reagire, di proteggere se stesse e le persone vicine a se, quando “si è ancora in tempo”.
Famiglie silenziose, incapaci di domandare aiuto, riconoscere i momenti difficili e ricercare le strategie e gli interlocutori – le istituzioni, i servizi, i professionisti, i consulenti – più adeguati per supportarle a fronteggiare il conflitto e l’ostilità. Ma anche la crisi economica, la perdita del lavoro, l’indifferenza sociale.
Le forme più gravi di violenza si verificano nell’ambito familiare
Interrogarsi sulla violenza di genere contro le donne significa, inevitabilmente, riflettere sulla violenza intra-familiare, la violenza tra le coppie, la violenza che coinvolge i figli.
Una brutalità che va combattuta come un grave problema, non soltanto collettivo, ma anzitutto psicologico, con risvolti sociali importanti.
Viene da se che se tratto immoralmente mio figlio, gli insegno che di fronte a problemi complessi, a minacce di abbandono, frustrazioni e difficoltà, si deve reagire con forza all’impotenza, con tracotanza e odio verso il fragile, questo potrebbe divenire maltrattante, spesso nei riguardi dei più deboli, talvolta nei riguardi delle donne. Se il conflitto coniugale triangola costantemente i miei figli, testimoni di umiliazioni ed aggressioni – siano queste verbali o fisiche – posso incentivare le persone al maltrattamento, al sopruso, all’attacco.
E, inevitabilmente, data la diversa potenza e impeto muscolare tra uomini e donne espone queste ultime a maggiori rischi di essere ferite, aggredite, violentate nel corpo e nell’animo.
Prendendo in prestito le parole di Otto Kernberg, ben capiamo come la violenza intra-familiare vada urgentemente e costantemente riconosciuta, denunciata e arrestata fin dalle sue prime manifestazioni silenti:
“Bambini maltrattati sviluppano maggiore dipendenza dai genitori abusanti e tendono a riprodurre i rapporti di maltrattamento nell’ età adulta”.
Tutti, in questo senso, siamo responsabili di un crimine annunciato.
Nessuno può dirsi escluso.
Da un punto di vista psicologico è fondamentale rivolgere l’attenzione alle donne, al mondo femminile nelle sue complesse articolazioni: il mio richiamo è rivolto alle vittime, ma anche alle testimoni talvolta silenziose, a partire dalla forza generativa del genere femminile, a quelle risorse di maternage, accudimento, protezione, cura e premura che sono insite nella natura di noi donne.
Quella sensibilità che ci fa riconoscere le situazioni rischiose e quel senso di difesa che ci fa ricorrere ai ripari, stringendoci in una fitta rete fatta di aiuto, altruismo e solidarietà.
Queste sono le Donne e questo è il mondo e la natura femminile, nella sua fragile forza, nel suo incessante impegno per la difesa del giusto. Allora è importante fare aggregazione, promuovere una cultura femminile e, al contempo, universale, che oltrepassi le differenze di genere, di ruoli sociali, di estrazione culturale.
E, allora, è fondamentale agire: chiedere aiuto al professionista capace di comprendere, che sia sensibile al tema e pronto a un supporto – anche di tipo psicologico – sincero e rassicurante ; avvicinarsi alle realtà associative, alle istituzioni, ai movimenti, che ogni giorno promuovono un nuovo pensiero di famiglia e di affettività.
Fare massa critica e agire: dare alla luce un nuovo pensiero e una nuova vita comune.